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A 100 anni dalla Rivoluzione d’Ottobre… sono o non sono il capitano Uncino?

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100 anni da quel 1917 sono tantissimi… sembra come se fossero passati 1000 anni ed invece il 1917 è l’anno di nascita di mio padre. Nonostante parliamo di storia recente, quel mondo non è più di questo mondo. Questo secolo ha assistito a due guerre mondiali con a sandwich dittature ideologiche spregiudicate… si è passati dai rudimentali e grezzi strumenti di comunicazione e da governi autarchici guidati da pochi ad un mondo in cui i vecchi sistemi sono stati frantumati da un’idea iperliberista dell’economia che la fa da padrona, senza bisogno di conquistare territori perché più utile conquistarsi nuovi mercati che Stati lastricati di sangue. Ciò detto, nell’Impero finanziario che ci hanno apparecchiato, va tutto bene? Nient’affatto. I conti oggi si fanno con una realtà mondiale che quasi nulla ha da spartire con quella dell’ultimo Ottocento e del primo Novecento. Per focalizzare i cambiamenti che la storia ha annotato nei suoi libri scritti oramai, e fortunatamente, dai vincitori e dai vinti, è opportuno fermare lo sguardo sulla doppia rivoluzione che tra il 1905 ed il 1917 ha riscritto i destini dell’umanità almeno per i successivi 70 anni da quel 1917. Allora l’Impero Russo dei Romanov che durava dal XVII secolo faceva parte di una gestione imperiale che confinava con l’impero cinese e quello ottomano ed in parte ne rappresentava il più fragile per le etnie che l’abitavano e per una certa miopia degli zaristi che non si rassegnavano all’idea di garantire maggiori diritti ai servi della gleba che venivano sottratti a questa condizione solo col 1861 quando l’Italia iniziava il suo percorso unitario e la Rivoluzione Industriale inglese, quella Americana e quella francese avevano di fatto – un secolo prima – cambiato la morfologia dell’occidente spingendo i popoli a ‘sognare’ nuove forme di governo illuminate, non più propensi a delegare all’assolutismo dei pochi o del re le proprie sorti.

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La seppur timida industrializzazione della Russia al tempo dello zar Nicola II insieme alle prime concessioni ai contadini avevano dato ai russi e al mondo l’idea che il potere dei Romanov fosse in declino e l’attacco del Giappone insieme alle rivolte popolari del 1905 fu un vero e proprio preludio a quello che si sarebbe verificato da li a 12 anni dopo. Sicuramente non fu un atto di forza, per il potere zarista, liberarsi di Lenin costretto all’esilio e di Troskjy… i due rientrati in fretta e furia subito dopo in piena guerra, riuscirono a dare un’ulteriore spinta alla rivolta dei soviet (consigli di fabbrica) di Pietrogrado e di Mosca per alimentare un sogno che casualmente era cresciuto quasi per autocombustione con la partecipazione della Russia alla Grande Guerra. È stata quella l’occasione che aspettava Lenin per sferrare l’attacco al Palazzo d’Inverno dello zar. Lenin era persuaso che la guerra avrebbe spazzato via la classe padronale che aveva i giorni contati a favore di un progetto politico che già Marx ed Engels avevano pensato e scritto in quel famoso ‘manifesto’ sul comunismo che segnò da lì in avanti la bussola dei tanti popoli che in quell’idea si erano identificati e per il comunismo – ahi loro –  persero anche la vita o la libertà.

Ricordiamo che Lenin rientra in Russia dalla Svizzera col treno previo un lascia passare dei tedeschi interessati al suo progetto per motivi anche opposti. Al suo arrivo (3 aprile) fu accolto da una folla straripante e a loro espose le cosiddette “Tesi d’aprile”, ossia le linee guida del partito per la gestione del potere che si apprestava a scalare. Alcuni mesi dopo ed esattamente il 24 ottobre del 1917, i bolscevichi cominciarono ad occupare la capitale: si verificarono indubbiamente degli scontri, che consigliarono Kerenskij a lasciare il governo che passò a Lenin, senza che di fatto ci fosse stata una vera rivoluzione tanto che si è più propensi a chiamarla colpo di stato. Nel mese di Novembre il governo provvisorio di Lenin indisse le prime ed ultime elezioni democratiche in cui parteciparono per la prima volta anche le donne, protagoniste di quella rivolta dell’8 Marzo del 1917 che ricordiamo ogni anno. Le elezioni contro il pronostico dello stesso Lenin  portarono alla sconfitta dei bolscevichi  (presero un quarto dei voti) che avevano fatto da sponda ai due leader della rivoluzione che si erano sentiti in ‘obbligo’ a svuotare di fatto l’esito del voto istituendo col mese di dicembre la CEKA (polizia segreta) con l’intendo di sopprimere i soviet e censurare le pubblicazioni bolsceviche dando vita al Regime comunista, che da quel momento mostrò il volto feroce del potere che poco si differenziò dai poteri autarchici che avevano calcato la scena mondiale sino a quel momento. Ricordiamo che anche i rivoluzionari francesi repressero nel sangue ogni protesta. La teoria e la prassi in questi casi sono come la luce e l’ombra, come Giano bifronte, costretti a convivere anche con contraddizioni e conflitti indicibili. Il tutto condito da un periodo in cui avviene il crollo degli imperi classici che interessò principalmente l’area centrorientale dell’Europa, laddove oltre 250 milioni di persone (russi, tedeschi ed ex sudditi austroungarici) videro modificarsi sotto i loro occhi antichi confini e cadere imperi secolari.  

In Russia la dissoluzione dell’impero zarista, passa la mano dunque al regime bolscevico che cambia nel merito ma non nel metodo. Si verifica cioè un passaggio di consegne anche ideologico ma la ferocia che sottostà al mantenimento del potere spazza via ogni resistenza anche di Lenin che contro le sue stesse Tesi di Aprile fa entrare dalla finestra la proprietà privata che aveva messo fuori dalla porta… il leader comunista dopo l’esito del voto popolare (antibolscevico) del novembre 1917 fa marcia indietro per colpire i suoi avversari interni… qualche mese dopo  – gennaio 2018 – delegittima addirittura l’assemblea costituente andando a spianare la strada a l’uomo che, dopo la sua morte e contro il suo stesso parere sarà Stalin il cui nome deriva da ‘stal’ dall’eloquente e quanto mai azzeccato significato di  (uomo) ‘acciaio’.

La Russia bolscevica apriva, a questo punto, una potente minaccia ideologica all’ordine europeo e al di là dell’Atlantico irrompeva una grande potenza rappresentata dagli Stati Uniti, candidata a rimpiazzare le potenze europee nella conduzione del capitalismo mondiale. Nasce così il mondo ‘bipolare’: da una parte gli USA e dall’altra l’URSS… potenze ed imperi che hanno dettato l’agenda politica ed economica e culturale per altri trent’anni ancora, sino alla dissoluzione dell’URSS avvenuta in maniera precipitosa negli anni Ottanta quando sulla scena mondiale si affacciarono le nuove idee sulla perestrojka (‘ricostruzione’ tramite riforme) di Gorbaciov; la nuova sensibilità verso le problematiche dell’est europeo incarnata dal polacco Papa Giovanni Paolo II ed in parte dal Presidente degli USA Ronald Reagan che spinse verso uno scacchiere mondiale che non puntasse sulle armi ma sulla pace. La dismissione del ‘muro di Berlino’ fu presentata come l’emblema del nuovo corso che consegnò – checché se ne dica – lo scettro ideologico agli USA che poterono liberamente espandere i propri confini ideologici anche nell’ex mondo comunista e nella Cina, dando al nostro Pianeta una sola via di sviluppo iperliberista con tutte le conseguenze che questo ha comportato e comporterà per gli equilibri del nostro ecosistema messo a dura prova dall’attuale classe dirigente che trova i suoi massimi esponenti negli USA (Trump) e in Russia (Putin).

Crollano pertanto gli imperi classici, pre e post bellici, quelli per intenderci che usavano la forza delle armi per sconfinare su nuovi territori e si affaccia, nella scena mondiale, un unico impero finanziario che non ha bisogno di sconfinare perché abita il Pianeta in lungo e in largo facendo profitti ovunque ed inducendo intere masse a conformarsi ai bisogni/desideri già ‘cucinati’ nelle sedi finanziarie presenti indifferentemente a Pechino come a Washington, a Roma come a Londra, a Parigi come a Dakar. Il nuovo Impero non ha bisogno di fare la guerra per conquistare il mondo, perché non c’è nulla da conquistare se non rintuzzare le avances terroristiche dell’ISIS messa alle corde anche nella sua roccaforte Raqqa. Se in occidente le armi hanno smesso di funzionare è perché gli obiettivi sottesi alle grandi industrie e all’Impero finanziario che controlla le risorse dell’intero Pianeta, vengono perseguiti e raggiunti senza spargimento di sangue. Il comunismo abdica alla prassi anche se la teoria continua ad affascinare chi non vuole arrendersi ad un mondo in cui l’uomo è stato ridotto a merce tra la merce da cui trarre profitto in nome e per conto di un dio (denaro) senza Dio.

Angelo Vita – (Psicopedagogista – docente di Filosofia e Storia)