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Ad un anno dal conflitto Russia- Ucraina, l’intervista al sociologo Pira appena rientrato da Lublino: “Morte, miseria e distruzione in Ucraina e soprattutto disinformazione”

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Sempre discreto e disponibile, il prof. Francesco Pira, sociologo e docente presso l’Università degli studi di Messina, ha rilasciato a Favaraweb un’intervista esclusiva, raccontando a caldo la situazione che -da un anno a questa parte- caratterizza questa “parte” d’Europa. Infatti, il professor Pira è appena rientrato da pochissimi giorni da Lublino in Polonia, la città al confine con l’Ucraina che ha accolto milioni di rifugiati in fuga dall’atroce conflitto con i russi.

COOPERATIVA SANTANNA

Di seguito l’intervista.

E’ rientrato da poche ore dalla Polonia, da Lublino, la città più vicina al confine con l’Ucraina. Francesco Pira, professore associato di sociologia, Direttore del Master in Esperto della Comunicazione Digitale e Delegato del Rettore alla Comunicazione dell’Università degli studi di Messina, è tornato da una missione per il progetto di ricerca Europeo Erasmus OIR, iniziato due anni fa, che studia come le nuove tecnologie possonoessere messe al servizio della didattica inclusiva. Un progetto di cui il sociologo Pira è Coordinatore per l’Italia, di cui è capofila l’Università UMCS “Marie Curie” di Lublino, partner gli atenei di Oviedo (Spagna) e Messina (Italia). Lo abbiamo sentito per capire quanto ha sentito vicina la guerra e quale è la sensazione che si prova ad incontrare persone che hanno abbandonato le loro case, il loro lavoro e la loro vita per sfuggire agli orrori della guerra.

D.: Professore Francesco Pira la prima domanda è legittima: ha avuto paura a raggiungere la Polonia, proprio nelle stesse ore in cui il Governo polacco chiedeva all’Unione Europea di inasprire le sanzioni contro la Russia? Per un attimo non ha temuto ritorsioni? Provo orrore per il cattivismo che ormai è dilagante in tutto il mondo. La guerra in Ucraina è più vicina di altri tremendi conflitti. Ma quello che sta accadendo ovunque non era prevedibile. Penso ai morti nel nostro mare, persone che fuggono da situazioni assurde come l’Iran, l’Afghanistan e dall’Africa. Sono stato molte volte in Polonia, a Lublino, per questo progetto e per una docenza Erasmus. Lublino dopo la guerra è una città di grandissima solidarietà, piena di bandiere gialloblù dell’Ucraina, dove si sono riversati 8 milioni di profughi ucraini. Bambini, donne e uomini anziani, che scappano da una guerra.Anche l’Università di Lublino, dove sono stato, ospita studenti ucraini. Ho visto gente impaurita e provata. Persone che hanno avuto lutti terribili e che vogliono tornare a fare una vita normale. Bombe che uccidono le speranze, i desideri, la normalità, gli amori e spengono i sorrisi. Ma quello che è più terribile, lo dico da sociologo della comunicazione è la disinformazione.

D:Avvenire l’ha definita uno dei maggiori esperti del fenomeno Fake News, su cui ha scritto saggi. Le presiede anche l’Osservatorio Nazionale contro le fake news di Confassociazioni. Quanta disinformazione c’è in questa guerra?

Pochi giorni dopo l’inizio della guerra Russia Ucraina ho denunciato anche in interviste sui media nazionali come le fake news diventavano un’arma usata in guerra alla pari dei droni, dei caccia bombardieri e dei carri armati. Questo è già successo in passato, ma oggi c’è l’esplosione della comunicazione grazie alla rete e ai social network. Finzione e verità: dov’è il confine? Propaganda e disinformazione: qual è la differenza? In un momento storico in cui certezze e punti di riferimento sembrano perduti, Francesco Bigazzi, Dario Fertilio e Luigi Sergio Germani partendo dalla storia e arrivando all’attualità, hanno scritto un libro che svela i segreti del sistema di disinformazione e della propaganda russa in Italia, in Ucraina e nel mondo, con documenti e dovizia di particolari. Il volume inizia il suo racconto già dalla sua copertina, che raffigura la ragazzina-simbolo della guerra in Ucraina, immortalata dal padre fotografo il 22 febbraio scorso – cioè due giorni prima dell’inizio della guerra – con il lecca lecca e il fucile in mano, in attesa dell’invasore russo come fosse una vedetta. L’autore del manifesto si chiama Oleksii Kyrychenko, ed è il padre della bambina che ha scattato e poi pubblicato sul suo profilo Facebook la foto-simbolo della guerra e dei suoi orrori – spiega l’editore Luciano Tirinnanzi nella premessa del libro -. Perché abbiamo scelto quell’immagine così forte ed evocativa? Non solo per rendere ancora più attuale il contenuto di questo libro, ma anche perché la storia di quella foto resterà a lungo come un caso-scuola della comunicazione visiva e, al tempo stesso, della propaganda politica in tempo di guerra. Che poi è l’oggetto ultimo di questo saggio”. Il libro è diviso in tre parti: “Dezinformacija. La strategia del Cremlino dall’epoca sovietica alla Russia di Putin” di Luigi Sergio Germani, “La guerra fredda e l’ingerenza russa in Italia” di Francesco Bigazzi e “Le tecniche moderne: cyber disinformazione e giornalismo collettivo” di Dario Fertilio. Questo è un esempio degli effetti della disinformazione. Anche quando si utilizza lo strumento della provocazione per attirare l’attenzione su un tema controverso la logica dell’algoritmo strumentalizza e distorce. E’ quanto è accaduto questa foto uscita sui quotidiani europei, tra i quali i principali italiani, raffigurante una bambina ucraina, seduta nella finestra di un rudere, intenta a presidiare un’area con in braccio un fucile gustandosi un lecca lecca. Tra i suoi capelli si notano le trecce giallo blu, i colori dell’Ucraina, ed è diventata un simbolo della resistenza contro l’invasione russa di Vladimir Putin . Si tratta di una vera e propria “soldatessa” o si tratta di una messinscena? In molti hanno raccontato la vera storia della foto, ma non tutti la conoscono. La foto simbolo è stata riportata sui social e da diversi media, ma non tutti hanno raccontato con chiarezza la sua vera storia. L’autore, il padre della bambina, spiega che la foto è una messinscena e che è stata scattata il 22 febbraio 2022, due giorni prima dell’invasione di Vladimir Putin in Ucraina. Non risulta, dunque, che questa bambina sia stata realmente armata per difendere l’Ucraina.

 

 

 

 

D: Lei quindi pensa che la Pace è lontana? Non si respira aria di pace? Quale è la visione dal suo Osservatorio? Si può insegnare la Pace?

Il mondo continua a chiedere la pace ed è stanco di soffrire. La pandemia ha messo a dura prova le nostre vite e adesso dobbiamo fare i conti con qualcosa di inaspettato e drammatico. Recentemente Papa Francesco, in occasione del trentaseiesimo incontro internazionale e interreligioso organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio, ha lanciato un nuovo appello: “Non siamo neutrali ma schierati per la pace… I governanti facciano tutto quello che è in loro potere per salvare la pace…Il grido della pace esprime il dolore e l’orrore della guerra, madre di tutte le povertà”. Il discorso del Pontefice, dal Colosseo, è iniziato con queste parole: “Oggi la pace è gravemente violata, ferita, calpestata: e questo in Europa, cioè nel continente che nel secolo scorso ha vissuto le tragedie delle due guerre mondiali. Siamo nella terza”. Uno scenario terribile in cui si parla dell’ uso di armi atomiche e tutti ci sentiamo sempre più minacciati e spaventati. Purtroppo, come sosteneva Maria Montessori, molto spesso “Tutti parlano di pace ma nessuno educa alla pace. A questo mondo, si educa per la competizione, e la competizione è l’ inizio di ogni guerra. Quando si educherà per la cooperazione e per offrirci l’un all’ altro solidarietà, quel giorno si starà educando per la pace”. La famiglia, la scuola, l’università, le associazioni, le parrocchie e tutti gli educatori dovrebbero educare costantemente le nuove generazioni alla pace. Ci sono tanti docenti che cercano di trasmettere ai propri studenti il valore della pace, della solidarietà e dell’amore tra i popoli. Ho invitato ad una mia lezione nel corso di Teoria e Tecniche del Linguaggio Giornalistico all’università di Messina, un docente straordinario. Ho avuto il piacere di confrontarmi con Maksym Stopin, Visiting Professor presso l’ ateneo di Messina. Look casual e sorriso aperto, il professore di Mariupol, ha subito stabilito con noi un’intesa speciale. Giusto il tempo delle presentazioni e ha iniziato il suo speech, diventato presto un ricco scambio tra docenti e studenti. Titolare della cattedra di filologia inglese presso l’Università Statale di Mariupol, ha iniziato la sua lezione con una domanda letta in un canale di informazione: “Perché non dovreste interrompere la guerra?”. E ha aggiunto: “Cosa dovremmo fare? Rinunciare alla nostra libertà? Essere schiavi? Per cosa?”. Dopo questi interrogativi, che hanno scosso le coscienze dei presenti, ha continuato il suo racconto dicendoci che nel Febbraio 2022 Mariupol è stata distrutta. “La situazione è terribile. Centinaia di migliaia di persone, vivono senza luce, gas e acqua, e la cosa più triste, senza mezzi di comunicazione indipendenti. Ognuno ha le proprie ragioni per rimanere lì. Per alcuni però, restare non è una scelta, ma l’unica possibilità: l’unico modo di scappare sarebbe arrivare in Europa passando per la Russia, che ha già chiuso metà dei collegamenti”. “Brainwashing” è il termine che ha usato per definire la condizione di coloro ai quali, a Mariupol, viene giornalmente fatto il “lavaggio del cervello”, per convincerli che il loro, è ancora il migliore dei mondi possibili (nonostante le bombe sopra la testa). Ha concluso con il racconto della mattina del 24 febbraio, in cui, svegliato dalle bombe, dopo un attimo di confusione, si è messo subito in salvo con cane e gatto sotto braccio. Ha vissuto nel seminterrato per tre settimane, senza acqua, senza elettricità e senza cibo. Qualche volta è riuscito ad incontrare i vicini per confrontarsi con loro. Qualcuno usciva e, se riusciva a tornare, raccontava agli altri gli orrori visti. La speranza del professore di Mariupol è che i mass media possano aiutare a vincere questa guerra: “lottare contro la propaganda è un lavoro coraggioso”. La propaganda rimane la protagonista di questa guerra ed io mi sono occupato, in diverse occasioni, della comunicazione politica della Russa e dell’ Ucraina. Naturalmente, le persone sono confuse e destabilizzate dall’assoluta disinformazione. Una battaglia ricca di fake news che continuano a diffondere intolleranza e crudeltà, eliminando quel che resta dell’altruismo e sottolineando l’ assoluta assenza del rispetto per la vita umana. I morti sono numeri e non importa se siano donne, bambini e uomini. Nessuno conosce le loro storie e probabilmente non le conoscerà mai. Soltanto la costruzione di un percorso di comunicazione e ascolto consentirà il superamento della questione “normalità versus anormalità” per dare vita ad un nuovo concetto di cittadinanza, o meglio di Umanità. Quella che Edgar Morin definisce come “Comunità di destino che deve lavorare affinché la specie umana si sviluppi in Umanità, ossia coscienza comune e in solidarietà planetaria del genere umano”. In fondo perseguire la pace significa salvare la specie umana quella che “continua la sua avventura sotto la minaccia dell’autodistruzione”. Morin, nell’ opera I sette saperi necessari all’educazione del futuro, ci ricorda che: “Non abbiamo le chiavi che aprono le porte di un avvenire migliore. Non conosciamo strade già tracciate. Ma possiamo individuare le nostre finalità: perseguire l’ominizzazione nell’umanizzazione in virtù dell’accesso alla cittadinanza terrestre in una comunità planetaria”.E’ quello che sinceramente spero. Un nuovo umanesimo capace di sovvertire il cattivismo. Forse è solo un’utopia, ma non possiamo smettere di crederci”.

A margine dell’intervista, il prof. Francesco Pira ci racconta un’altra storia, di riscatto , coraggio e attaccamento alla terra. Quella di Alina Ohanezova studentessa Ucraina di Odessa che “Ieri ha sostenuto brillantemente 2 esami dei miei corsi (Teorie e Tecniche del Linguaggio Giornalistico e Comunicazione Istituzionale)”.

 

 

A parlare è sempre il prof. Pira il quale ci ricorda che Alina “Tra poche ore ritornerà nella sua amata Patria. Ieri mi sono commosso quando l’ho salutato. Suo fratello di 26 anni è stato ucciso dai soldati russi in una guerra inutile e fratricida. Il suo giovane marito combatte ogni giorno. Lei ritornerà in Ucraina a rivivere il dramma di un conflitto che continuiamo a non capire. Auguro ad Alina studentessa educata, pignola e sensibile ogni bene. Ci siamo regalati un selfie per gridare Si alla Pace e NO alla Guerra. Buon viaggio di ritorno Alina e grazie per la gioia di vivere che mi hai donato”.

Ringraziamo ancora il prof. Francesco Pira per l’intervista e per aver permesso a tutti noi di capire ancora meglio la situazione che l’Europa- am non solo-sta vivendo da più di 365 giorni. La pace non deve essere una parola, ma deve diventare un fatto concreto.