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ASP Agrigento. La Consulta del DSM tira il bilancio ad un anno dalla sua costituzione ed apre ai Gruppi Multifamiliari e all’Open Dialogue

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“La Consulta del DSM dell’ASP di Agrigento nell’incontro del 10/02/2023 si è riunita per fare il punto sulla condizione che si trovano a vivere le famiglie, le associazioni di settore e gli stessi operatori sanitari rispetto alle tante emergenze date dal disagio mentale ed esistenziale presenti nel nostro territorio”.

A parlare è il prof. Angelo Vita, Presidente della Consulta DSM dell’ASP di Agrigento, a seguito dell’incontro avvenuto negli scorsi giorni, affrontando una situazione tanto delicata quanto di vitale importanza. 

“Di certo i servizi psichiatrici- continua il prof. Vita-  sono in grave sofferenza per motivi interni – dovuti a carenze organiche – ed esterni rappresentati dalla difficoltà di avere contezza delle attività gestite dalle comunità terapeutiche d’assistenza e dalle altre comunità di settore. Parte da questa constatazione la difficoltà in cui versano i servizi psichiatrici e riabilitativi presenti non solo in provincia ma anche in Sicilia specie se facciamo riferimento ai ‘numeri’ che indicano una certa inadeguatezza della macchina burocratica siciliana restia al cambiamento e all’apertura di credito alle famiglie e alle associazioni che condividono ed operano quotidianamente nel e col disagio mentale. Altro punto dolente sono i budget di Salute, uno strumento d’assistenza destinato a pazienti psichiatrici più gravi, ancora inutilizzato con circa 20 milioni di euro non impiegato nel modo programmato. E sarebbe opportuno che lo stesso venisse concesso alle famiglie che liberamente lo utilizzino per migliorare la condizione del proprio familiare anziché affidarsi sempre e comunque alle cooperative individuate dall’ASP. Diciamoci la verità: la psichiatria ha bisogno di uscire dall’ambivalenza, dal ‘bipolarismo’. È inammissibile che i soggetti con diagnosi autistica sino alla maggiore età la perdano da adulti per assumerne un’altra, come anche le comunità terapeutiche sono oggi impegnate ad assolvere un ruolo per il quale non sono preparate, ne a livello strutturale ne organizzativo con gravi ricadute nell’assistenza e nella riabilitazione degli utenti. Il problema che emerge in tutta la sua drammaticità è dato dagli operatori non formati e sfruttati che vanno in burnout e quello dei ricoverati visti come retta e non come persone da recuperare alla socialità. La Consulta – nata un anno fa in piena pandemia – intende spingere chi di competenza, le comunità e le associazioni in genere, a cambiare ‘rotta’ rispetto a quella sinora percorsa con risultati a dir poco insoddisfacenti nonostante gli immani sforzi del personale sanitario e delle comunità che nei diversi territori hanno cercato di garantire i servizi essenziali di diagnosi e cura. Quello che ci arriva dai centri preposti alla cura e alla riabilitazione, dei pazienti con difficoltà psichiche conclamate, è un allarme che non possiamo sottacere. Quando in una delle CTA della nostra ASP nel giro di qualche anno si registrano due suicidi, in un’altra comunità alloggio se ne registra un altro e sempre in una delle comunità a sud-est della nostra provincia si accertava che “senza alcuno scrupolo per la condizione di fragilità psico-fisica dei minori con deficit mentali e degli altri ospiti disabili, si ricorreva sistematicamente all’inflizione di punizioni come il digiuno, il divieto di contatti telefonici con i familiari, la reclusione all’interno delle stanze da letto” e che ‘Un minore, addirittura, sarebbe stato legato, giorno e notte, con una catena di ferro alla struttura metallica del letto e gli ospiti della Comunità alloggio, sempre secondo gli investigatori, sarebbero stati tenuti in precarie condizioni igienico sanitarie e all’interno della struttura veniva utilizzata “acqua contaminata da batteri coliformi” o a Ribera si registra un omicidio all’interno di una comunità per disabili psichici, ci si rende conto delle difficoltà che incontriamo nel rendere trasparenti, professionali e verificabili i servizi offerti alla cittadinanza. A partire da queste constatazioni nasce il desiderio di coinvolgere gli operatori nei diversi livelli e le Comunità in un circuito/rete che comprenda le famiglie ed il territorio per acquisire l’indispensabile credibilità dei servizi offerti. È evidente che le comunità territoriali non sono tutte assimilabili a quelle prima richiamate dalle cronache; ce ne sono diverse che – per moto proprio – hanno attivato rapporti di collaborazione con le famiglie che non vanno trascurate. Anzi. Sono da prendere come esempio concreto perché anche quelle in difficoltà possano intraprendere la stessa via che di certo potrà solo migliorare la condizione/situazione degli assistiti. In tal senso si ritiene di far proprio il metodo dell’Open Dialogue (è un approccio alternativo per il trattamento della psicosi e di altri disturbi della salute mentale sviluppato negli anni ’80 in Finlandia da Seikkula e dai suoi collaboratori) rilanciato dal dott. Raffaele Barone, durante la sua permanenza presso il DSM dell’ASP di Agrigento in qualità di Dirigente, attraverso l’istituzionalizzazione dei gruppi multifamiliari a supporto dei centri che operano in questo settore così sensibile agli approcci relazionali, alle terapie riabilitative e di mantenimento. Il gruppo multifamiliare – scrive Raffaele Barone – ‘si basa sul valore della responsabilità e del sapere personale. La cura dei pazienti nel tessuto sociale e nelle famiglie ha consentito il riconoscimento, sia del sapere professionale degli operatori sia del sapere esperienziale degli utenti e dei familiari che convivono con il disturbo psichico, soffermandosi sempre più sull’importanza dell’appartenenza e della partecipazione per la promozione del miglioramento del funzionamento mentale e delle capacità relazionali, nell’ottica di una migliore qualità della vita’. È questa la direzione che la Consulta intende perseguire nella convinzione che il neo dirigente del DSM dell’ASP di Agrigento Dott. Leonardo Giordano la faccia propria. In tal senso diamo la nostra totale disponibilità a far sì che detti gruppi trovino accoglienza e forza in ogni comunità che si trova ad operare in questo settore marginalizzato e assai poco valorizzato. Attivare una rete territoriale finalizzata a supportare le famiglie e le comunità che operano in questo settore attraverso percorsi formativi finalizzati a dare maggiori strumenti teorico-pratici a ciascun operatore – sia o no familiare – è segno di crescita civile e culturale di cui tutti possiamo fruirne. Con riferimento ai diversi episodi di autolesionismo o di violenza, avvenuti nelle CTA o in altre Comunità, la Consulta ritiene anche di sottolineare la necessità, e non solo l’opportunità, di mettere in atto delle misure propedeutiche mirate a prevenire il disagio in cui spesso si sentono ‘costretti’ gli utenti e a prevenire, altresì, gli atti stessi di autolesionismo a cui tali pazienti talvolta ricorrono. E’ in programma – conclude il prof.Angelo Vita a termine dell’incontro- bilancio- presso il DSM dell’ASP di Agrigento dal prossimo anno, un percorso di formazione sull’ Open Dialogue, sulla psicoanalisi multifamiliare e sulla comunità terapeutica democratica”.