Non solo Notizie

L’inATTUALITA’ di Marx e Gramsci… può cambiare il mondo (?)

Tutela AmbientebiowoodheaterSCUOLA GUARINO

 

Scordia, paese dell’entroterra catanese abbarbicato sulle colline nord occidentali degli Iblei, è la cittadina dalle arance rosse anche se il nome di derivazione greca skordon la rimanda all’aglio che in queste parti continua ad essere coltivato pur avendo lasciato alle arance la nomea che preferisce valorizzare. L’occasione per recarsi nella cittadina è stata data dalla Scuola di Formazione Politica di Scordia che ha organizzato, nella sala ‘Salvo Basso’ del Palazzo ‘De Cristofaro’ uno stage, su L’uguaglianza come base della libertà da Marx a Gramsci, condotto da Matteo Saudino, docente di Filosofia e Storia.

COOPERATIVA SANTANNA

Marco Saudino è un vero e proprio professionista… riesce a concentrarsi al di là di tutto e di tutti e a comunicare il suo sguardo sul tema trattato non lasciandosi prendere dalla partecipazione che sarebbe potuta essere molto più numerosa soprattutto per l’attualità del tema trattato riguardante il concetto di uguaglianza che nasce con l’uomo e trova nelle diverse epoche delle specificità che ne permettono di comprenderne la genesi e l’evoluzione che il concetto stesso ha subito nei millenni.
L’uguaglianza se la scorporiamo dall’accezione naturale a cui la rimanda J. J. Rousseau e la interfacciamo con la nascita della proprietà privata e quindi con la delimitazione di un territorio specifico che metteva e poneva la differenza tra chi si appropriava di un pezzo di terra/proprietà e chi invece la subiva, in quel momento e da quel momento l’uguaglianza subisce il suo ‘da ora/basta’… e bisognerà aspettare la nascita della civiltà greca per poter fare il punto rispetto a prima e dare un nuovo giro di manovella per spingere l’uguaglianza sul territorio della politica, della filosofia e della morale. Per Platone – più ancora che per il suo allievo Aristotele – l’uguaglianza era una conditio sine qua non per garantire ai governanti di governare nel migliore dei modi possibili, in quanto il ‘comunismo’ che doveva contraddistinguere la condivisione delle proprietà e della famiglia, moglie e figli compresi, avrebbe permesso un futuro di governo all’insegna del bene e della bontà supreme. Evidentemente questa idea molto aleatoria e mai realizzata può darci solo il senso del concetto che Platone aveva dell’uguaglianza politica, che qui evitiamo di mettere a fuoco perché si presta ad una critica anche pesante sugli effetti della ‘comune’ sui protagonisti/primi che sono i governanti ed i familiari coinvolti di fatto sradicati dalla loro identità familiare. Il prezzo che i padri, le madri e i figli, che avrebbero potuto pagare non sarebbe stato sopportabile e nemmeno giustificabile… da quella fantasiosa idea ‘eugenetica’ i tedeschi ne hanno mostrato il volto più disumano che non può trovare nemmeno nel buon governo platonico un minimo di comprensione/motivazione condivisa.

Dobbiamo aspettare Aristotele per farci un’idea fattiva dell’uguaglianza. Il filosofo sostiene infatti che bisogna dare a ciascuno il suo, attraverso la cosiddetta ‘giustizia distributiva’ da un lato e dall’altro si riferisce alla ‘giustizia commutativa’ per garantire a chi ha subito un torto di essere risarcito. Nasce così quell’idea di uguaglianza che entra a pieno titolo nella filosofia del diritto che Aristotele ha battezzato senza rendersene completamente conto.

Il diritto all’uguaglianza spesso rimane tale o comunque formale e non sostanziale. Cosa significa – ci si è chiesti – ‘la legge è uguale per tutti’ se il mercato, il capitale, la società dei consumi tende a fare della disuguaglianza reale un fatto suo strutturale? Le società postcapitaliste ed iperliberiste sono nelle condizioni di passare dalla ‘uguaglianza politico-giuridica’ all’uguaglianza reale? La risposta è decisamente negativa. Continua a ricordarcela Marx quando cerca di mettere a fuoco le dinamiche che sottostanno nelle società liberiste del suo tempo che fanno dell’uomo una merce tra le merci, depotenziandolo da enzima a substrato, da soggetto ad oggetto di produzione, di profitto e di alienazione rispetto al ciclo produttivo che tende all’oggettivazione di tutte le componenti che accompagnano la produzione dall’inizio sino alla fine. Questo ha comportato lo svuotamento delle proposte più avanzate di partecipazione democratica in quanto, checché se ne dica, l’iperliberismo ha subordinato l’uomo e l’ambiente alla incetta di profitti che vengono utilizzati per creare nuove disuguaglianze attraverso l’uso violento o scriteriato di quell’esercito di disoccupati che provengono oggi dai paesi sottosviluppati e ieri dal nostro meridione se ci riferiamo all’Italia e all’analisi di Gramsci sulla ‘questione meridionale’ che – ahi noi – è ancora all’ordine del giorno, nell’agenda di tutti i governi (dal dopoguerra ad ora) ma che non ha risposte che vadano nella direzione dell’auspicata crescita.

L’attualità e l’inattualità di Marx e Gramsci oggi si contendono il posto. L’analisi marxista-gramsciana rimane valida per comprendere la genesi della società dei profitti che ha eletto il ‘diodenaro’ come spartiacque di una certa uguaglianza che in questo momento vede una decina di straricchi possedere l’equivalente delle somme delle ricchezze possedute da 3miliardi di persone al mondo, ovvero di mezzo mondo… e quindi la sua attualità è – come dice Saudino – la cassetta degli attrezzi per orientarsi in un mondo dove l’uguaglianza è un idea platonica, surreale, è cioè un palliativo, proprio perchè antiroussouiana in quanto non ha nulla a che vedere con la partecipazione diretta dei cittadini alla vita del Paese sognata dal filosofo ginevrino. L’inattualità invece dell’analisi marxista-gramsciana è data dal peso eccessivo che il ‘diodenaro’ ha maturato in quest’ultimo mezzo secolo mettendo fuori gioco ogni tentativo di invertire la rotta verso quell’idea che voleva investire sulla dignità degli ultimi e sulla distribuzione della ricchezza alle masse. L’egemonia culturale che in qualche modo ha avuto negli anni ’70 ed ’80 la sinistra post/gramsciana, è venuta scemando sino ad inabissarsi con l’ultimo decennio dello scorso secolo compreso questo primo ventennio che vede i poveri distanziati politicamente ed economicamente dai ‘padroni’ che controllano l’economia mondiale, mettendo a rischio persino l’ecosistema.

Angelo Vita
(Psicopedagogista – docente di Filosofia e Storia)