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La CGIL và a Congresso

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In questi giorni l’apertura della stagione congressuale della CGIL territoriale con le assemblee di base delle sue federazioni di categoria.

I congressi sindacali, come del resto quelli di partito, che peraltro non si celebrano piu’, non sono piu’ un evento politico dal quale la pubblica opinione si aspetta la direzione che l’azione politica assumerà per affrontare le difficoltà del mondo del lavoro.

COOPERATIVA SANTANNA

 Sono vissuti come un rito estraneo alla quotidianità dei lavoratori e dei pensionati alle prese con le difficoltà di bilancio familiare.

Rassegnati ad una discesa nella qualità della vita,perché bombardati dalle allucinogene dichiarazioni dei nuovi soggetti del teatro politico che nascondono il loro vuoto di visione del lavoro,dell’economia, del futuro a colpi di tweet.

Diseducati alla complessità delle soluzioni con il metodo della priorità nelle mete collettive,allo studio e alla fatica della costruzione di interventi di avanzamento civile, la moltitudine della rete non è piu’ un popolo, ma è ancora corpo elettorale.

Tale appare il tono ambientale in cui l’assise di un grande soggetto collettivo si prepara a svolgersi in un territorio a deperimento con progressione geometrica.

Un compito in salita per iscritti e delegati che non si rassegnano a una solitaria indignazione via rete e che confidano nella capacità di trovare per i bisogni individuali un sindacato laico e plurale per ripartire in una lotta alle diseguaglianze trovandosi accanto compagni di strada con cui parlare, lottare, e perché no, anche sconfiggere l’apatia all’interesse generale che una ventennale denigrazione dei corpi intermedi ha incentivato senza conseguire in primo,né migliorare i secondi.

Recuperare il rifiuto della semplificazione dei problemi complessi attraverso la pedagogia del dialogo con  i destinatari di una crescita economica senza lavoro è la mission del piu’ antico sindacato confederale. Un lavoro dignitoso strumento di inclusione sociale e non attività di sopravvivenza che foraggia pochi privilegiati,mentre offende e emargina chi lo svolge, puo’ apparire una impresa impossibile in un epoca in cui tutto cio’ sembra minoritario.

Percio’ parafrasando Kennedy si puo’ non chiedere cosa farà per noi la CGIL, ma cosa possiamo fare noi per aiutarla a condurre con coerenza la sua battaglia che troppi vorrebbero ridurre a testimonianza, in quanto capace di disturbare il conduttore. E sa il buon Dio quanto c’è né bisogno in questa civiltà al cloroformio che vuole ridurre la partecipazione al conflitto sociale necessario quanto legittimo,in ribellismo di indomabili nostalgici, mentre confiscano il futuro alle nuove generazioni colpiti dalla globalizzazione selvaggia e dalla soggezione della politica al potere finanziario.

 Forse serve un sogno,un utopia . Mi auguro che la CGIL sappia raccontare il suo sogno ai pensionati ai lavoratori e ai giovani, perchè, il sogno di un singolo rimane tale,quello collettivo diventa una meta.