Non solo Notizie

Come trasformare una tragedia in una ‘rete/psichè’… più vicina alla vita.

Tutela AmbientebiowoodheaterSCUOLA GUARINO

 

 

COOPERATIVA SANTANNA

Contro il disagio…costruiamo una rete/psichè più vicina alla vita

Cari genitori/educatori/professionisti…, cari adulti, Barcellona l’abbiamo a Favara, a San Leone… ed è triste vedere ‘spegnere’ tanti nostri ragazzi dati in sacrificio all’alcol e alle droghe al solo scopo di illuderci che li stiamo facendo divertire… non è così… si arricchiscono solo i ‘cecchini’ dello smercio legalizzato di alcol e dello spaccio paralegalizzato delle droghe… e sappiamo bene che sul disagio dei nostri ragazzi ci sguazzano in troppi… il denaro, ogni giorno, ci impone di sacrificare le nostre vite, i nostri affetti… prima il denaro e poi, solo poi, noi… a pensarci mi vien voglia di vomitare… tutto quello che sento contro un modello di società privo di ‘battito cardiaco’… perché scollato dai valori della vita che ci è stata donata con la nascita…

L’invito che faccio, a noi tutti, è di fermarci e di riflettere su ciò che accade dietro le quinte delle discoteche a due passi o lontano da noi, costituendo una sorta di rete/psichè in modo da ri/dare anima a quanti vengono tenuti in ‘agonia’ o in costante allarme, questo magari per raccontarci la verità, per svelarla a noi stessi, che spesso la evitiamo per non guardarla in tutta la sua esondante ed esorbitante drammaticità… il nostro tempo, questo tempo, è un brutto tempo… se non ci fermiamo, se non mettiamo a nudo lo sguardo sulle relazioni che abbiamo coi nostri figli/ragazzi, sulla nostra stessa collocazione nel mondo in rapporto alle sollecitazioni a raffica che ci arrivano da un modello socioeconomico, etico e culturale, scientifico e tecnico, che tende a renderci ‘clienti’, di ciò che altri hanno deciso per noi, per farci divertire, sognare, desiderare, sperare, soffrire, amare, odiare, allo scopo di tenere a bada quello spirito creativo, che nel tempo ha costituito la base su cui si è fondata l’umanità e lasciarci prigionieri di un corpo-economico ridotto a mera merce di scambio, a prostituzione, a modello pubblicitario, a mezzo/strumento finalizzato a consumare affetti familiari, prodotti tecnologici, ad abdicare alla nostra funzione di soggetti/pensanti per assumere quella di vere cavie di un modello economico-finanziario che si nutre di sacrifici umani da offrire al ‘dio/denaro’, che tra i giovani si declina in disagio, dissolutezza, nichilismo, dipendenza dai genitori, se non dall’alcol e dalle droghe e nei grandi (adulti?) in frustrazione, per non aver saputo garantire alle nuove generazioni un mondo più ospitale e meno cinico, più affidabile e meno tiranno negli intendi sottesi all’idea hobbesiana dell’homo omini lupus’, saremo destinati a vivere la ‘morte’, nello sguardo dei nostri ragazzi, come conseguenza di un vuoto che ci condanna al nichilismo e all’angoscia più cupa.

Il nichilismo che imperversa è la negazione di ogni valore… ed è quello che Nietzsche ha chiamato “il più inquietante fra tutti gli ospiti”… (in tal senso è interessante il libro di  Umberto Galimberti sullo stesso tema nietzschiano) su questa inquietudine si sofferma Heidegger, uno dei più grandi filosofi del ‘900, quando spiega l’esistenza inautentica, l’assimilazione cioè dell’uomo alle cose, il suo essere oggetto tra gli oggetti; l’essere stato ridotto ad un prodotto funzionale al sistema epocale, ancora in atto, che lo priva della sua autenticità, del suo modo di stare nel mondo come progetto.

Bauman, sociologo recentemente scomparso, ha definito questa ‘inautenticità’, questo senso di vuoto, di inconsistenza e disorientamento con l’aggettivo, ‘liquido’, nel senso di liquidità della società e dell’esserci… ebbene, se non accompagniamo i nostri giovani a ‘camminare’ sulle loro parti liquide e privi di certezze, magari cercando di essere noi stessi esempio, dovremo continuare a soffrire i passi e le ‘stazioni’ di questa nuova ‘via crucis’ affollata di tanti giovani traditi dal loro/nostro stesso Paese e destinati a forme di nichilismo sempre più cogenti.

È un vuoto, che si riempie di ‘vita’ notturna in cui l’oscurità spinge tanti giovani a fuggire il giorno, dove la realtà appare impietosa, perché illumina un presente ed un futuro senza prospettive, senza novità… in cui il neolaureato – a festa fatta – rientra a casa a mani vuote, costretto suo malgrado a chiedere sostegno ai genitori perché dopo la laurea rimane con le mani in mano, perché non c’è più niente a cui tendere. La notte, pertanto, aiuta ad affogare questo ‘niente’… ed il giorno – dedicato al sonno – così risulta più breve insieme al senso di inadeguatezza e di impotenza vissuto dai più. Abbiamo investito su una società che preferisce lo sballo alla lucidità, l’incoscienza alla consapevolezza… illudersi di divertirsi per non pensare non è un antidoto per stare meglio. Tutt’altro… porta i nostri ragazzi alla ‘deiezione’ a sentirsi cioè cose tra le cose, ‘nenti ammiscatu cu nuddu’, così venne apostrofato Peppino Impastato (vittima) da Badalamenti (il carnefice)… ed inizia da questo sentirsi inutile la diffusione del disagio che si declina in depressione, panico, angoscia, fobia, tossicodipendenza, psicosi, schizofrenia… suicidi/omicidi familiari… salvo poi rimanere sbigottiti di fronte ad atti apparentemente inspiegabili.

A questo punto la domanda socratica sarebbe questa: conosciamo davvero i nostri ragazzi? Li ascoltiamo? Li osserviamo, li vediamo, entriamo in relazione con le loro ‘profondità’? Quanti di noi si sentono di starci con questi nostri figli/ragazzi? La scuola riesce ad andare oltre la didattica, ovvero prova a s-piegare la ‘didattica’ disciplinare agli alunni visti non come ‘contenitori’ ma come persone in carne ed ossa che si trovano quotidianamente a contrastare questo ‘vuoto’ riempito di niente, sol perché hanno costruito una società piramidale dove bisogna foraggiare il vertice mentre la base/massa viene derisa e messa a guinzaglio da classi dirigenti assetate di nuovi consumatori dei loro prodotti all’ultimo grido che si rinnovano continuamente… frustrandoti? Tutto dura tanto-quanto decidono loro… e non più. Questo stimola sempre nuovi desideri/indotti che ben presto verranno frustrati ed i giovani sono le vittime predilette di questa concezione abominevole. Tutto va in scadenza. Lungimirante è stato Schopenhauer quando asseriva che “… l’oggetto voluto assume, appena conseguito, un’altra forma e sotto di essa si ripresenta. Esso è il vero demonio che sempre sotto nuove forme ci stuzzica”… a questa assenza di certezze, alla fragilità che ne deriva, al dipendere sempre e comunque da qualcuno e da qualcosa, lo sballo, chiamiamolo come vogliamo, diventa una delle soluzioni praticabili per affogare l’angoscia in compagnia di altri che vivono lo stesso vuoto che ‘festeggia’ nell’anonimato di movide dove ognuno è nessuno e tutti sono alla ricerca di qualcosa che possa risollevarli dalla pesantezza di una vita che tiene sotto scacco la stessa vita di fatto in pericolo costante.

Se su queste basi si può costruire una società più vicina alla vita, di certo non lo decidiamo noi… tantomeno qui. Ma ‘serrare le fila’ ed iniziare a vedersi per confrontarsi, ascoltarsi… proporsi… o semplicemente disegnare un nuovo modo per fare rete e non rimanere soli di fronte alle incombenti tragedie che ci indignano e ci allarmano sarebbe, di per sé, un ottimo risultato… la rete a cui penso è una specie di ‘Utero/psichè’ in cui il ‘disagio’ possa essere trattato attraverso l’uso dei diversi codici che costituiscono la base da cui prende vita la vita, ovvero il codice biorganico delle emozioni più profonde, il codice del corpo che incontra la materia e quello del linguaggio che ci aiuta a decodificare le pulsioni che provengono dalle nostre ‘profondità’ invase… da liberare.

Angelo Vita

(Psicopedagogista – docente di Filosofia e Storia)