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…oggi Venerdì 17 anche la MORTE MUORE

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 il capo dei capi di ‘cosa nostra’ vissuto all’ombra di uno Stato ‘distratto’ che in tante occasioni ha dato ossigeno alle risorse e alle finanze di un potere mafioso che, sulle assenze complici dei tanti governi succedutesi sin dall’Unità d’Italia indirettamente o direttamente, hanno nutrito le troppe ‘belve’ che tengono ancora in ginocchio la nostra terra. La data di oggi è un palindromo che non si può e non si deve dimenticare… la si può leggere da destra o da sinistra, la sostanza non cambia: 17/11/’17. È come se il caso, la vita avesse voluto punire il capo dei capi ed imprimere nella memoria di tutti una data che la storia non dimenticherà. Ed è una data che cade di Venerdì e ricorda a noi cristiani una giornata infausta (morte di Gesù)… ed è presente anche nella Smorfia napoletana… il numero 17 è sinonimo di disgrazia, come già nella Grecia antica era aborrito dai seguaci di Pitagora in quanto era tra il 16 e il 18, perfetti nella loro rappresentazione di quadrilateri 4×4 e 3×6.

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È un giorno, dunque, da aborrire per i pitagorici come per i ‘napoletani’…E se questo non bastasse ieri 16/11, il giorno prima di morire, questo signore, di cui non vale la pena ricordarne il nome per non dargli valore, ha compiuto il suo 87′ compleanno. Ha avuto il tempo cioè di chiudere con l’anniversario della nascita il suo ciclo vitale contrassegnato dalle tante e troppe stragi di innocenti. Tre ore dopo il giorno del suo compleanno schiatta, muore in carcere… e muore esattamente alle 3.37. Se sommiamo il 3 al 37 otteniamo il ’40’ che per i cristiani ha significato i giorni in cui Gesù ha dovuto viversi il deserto ed affrontare la morte che per il capo dei capi è stata una compagna di viaggio… la morte il corleonese ce l’aveva avuta sempre nel cuore ed in ‘canna’. Quest’oggi – al termine di un periodo vissuto a desertificare la Sicilia, a trucidare chi si è battuto per dare una speranza alla nostra terra lo dovremmo dedicare alla legalità, alla convivenza, al rispetto delle diversità, al lavoro, ad una Sicilia liberata dai soprusi mafiosi… quest’oggi la Sicilia e la nostra Italia hanno una data da cui ripartire… e per farlo dobbiamo iniziare a ricordare parte delle stragi, degli assassini compiuti da questo signore alle spalle della legalità e contro la sua stessa terra. L’elenco che segue tratto da Wikipedia lo facciamo partire dal 1980 data che si apre con un omicidio eccellente e che aprirà una guerra a senso unico della mafia contro i rappresentanti di uno Stato che qualche ‘mea culpa’ dovrebbe pur recitare se vuole conciliarsi coi suoi cittadini.   

I Caduti per mano mafiosa dal 1980 all’arresto del ‘capo dei capi’

Piersanti Mattarella (6 gennaio 1980), presidente della Regione Siciliana.

Emanuele Basile (4 maggio 1980), capitano dei Carabinieri.

Gaetano Costa (6 agosto 1980), procuratore capo di Palermo.

Vito Lipari (13 agosto 1980), sindaco DC di Castelvetrano (TP).

Carmelo Iannì (28 agosto 1980), imprenditore. Ucciso come rappresaglia per aver permesso ad alcuni poliziotti di infiltrarsi nel suo albergo ed arrestare il boss Gerlando Alberti.

Giuseppe Inzerillo (12 giugno 1981), figlio diciassettenne del boss Salvatore Inzerillo mutilato e ucciso.

Vito Jevolella (10 ottobre 1981), maresciallo dei carabinieri di Palermo

Sebastiano Bosio (6 novembre 1981), medico, docente universitario.

Alfredo Agosta (18 marzo 1982), maresciallo dei carabinieri di Catania del Nucleo di Polizia Giudiziaria dei Carabinieri del Tribunale di Catania. Molto noto nella città dove operava per essere un investigatore scrupoloso e preparato.

Pio La Torre (30 aprile 1982), segretario del PCI siciliano.

Rosario Di Salvo (30 aprile 1982), autista e uomo di fiducia di Pio La Torre.

Gennaro Musella (3 maggio 1982), imprenditore.

La strage della circonvallazione

Strage della circonvallazione (16 giugno 1982): Salvatore RaitiSilvano FranzolinLuigi Di Barca e Giuseppe Di Lavore, carabinieri, e Alfio Ferlito, boss di Catania, uccisi a colpi di fucile AK-47 dai killer del boss Nitto Santapaola, che mirava a prendere il posto di Ferlito.

Antonino Burrafato (29 giugno 1982), Vice Brigadiere di Polizia, si stava apprestando ad andare a lavoro. Giunto a piazza Sant’Antonio alle ore 15.30 a poche decine di metri dal carcere, un commando di quattro uomini lo uccise usando esclusivamente armi corte.

Paolo Giaccone (11 agosto 1982), medico legale.

Strage di via Carini (3 settembre 1982): Carlo Alberto Dalla Chiesa, generale dei Carabinieri e prefetto del capoluogo siciliano; Emanuela Setti Carraro, moglie di Carlo Alberto Dalla Chiesa, e Domenico Russo, agente di polizia, uccisi brutalmente mentre andavano a cena a Mondello.

Benedetto Buscetta e Antonio Buscetta (11 settembre 1982), i due figli del pentito Tommaso Buscetta di 34 e 32 anni vittime di “lupara bianca”.

Calogero Zucchetto (14 novembre 1982), agente di polizia della squadra mobile di Palermo.

Giuseppe Genova e Orazio D’Amico (26 dicembre 1982), cognato e nipote di Buscetta.

Vincenzo Buscetta (29 dicembre 1982), fratello del pentito Tommaso.

Giangiacomo Ciaccio Montalto (26 gennaio 1983), magistrato di punta di Trapani.

Mario D’Aleo (13 giugno 1983), capitano dei carabinieri.

Pietro Morici (13 giugno 1983), carabiniere.

Giuseppe Bommarito (13 giugno 1983), carabiniere.

Strage di via Pipitone Federico (29 luglio 1983): Rocco Chinnici, capo dell’ufficio istruzione del Tribunale di PalermoMario Trapassi, maresciallo dei carabinieri; Salvatore Bartolotta, carabiniere; Stefano Li Sacchi, portinaio di casa Chinnici, uccisi dallo scoppio di un’autobomba, che provocò anche gravi danni alla facciata del palazzo adiacente.

Salvatore Zangara (8 ottobre 1983), analista.

Giuseppe Fava, (5 gennaio 1984), giornalista.

Mario Coniglio, (14 novembre 1984), macellaio, Coniglio aveva 55 anni quando fu massacrato dentro la sua bottega di via degli Emiri alla Zisa, a sparare contro l’ambulante furono due sicari con il volto coperto, a bordo di un vespone. Testimone uno dei figli che si trovava accanto a lui mentre veniva ucciso. La sentenza ha riconosciuto la colpevolezza del padre di Ganci, Raffaele, boss del quartiere della Noce, e di Domenico Guglielmini, entrambi condannati a 30 anni di reclusione; confermata anche la condanna a 10 anni per il pentito Antonio Galliano, che aveva sempre negato il proprio coinvolgimento.

Pietro Busetta (7 dicembre 1984), imprenditore e maestro decoratore, vittima innocente. Ucciso solo per essere cognato di Buscetta. Il cognome simile è solo un gioco del destino.

Roberto Parisi (23 febbraio 1985), imprenditore e presidente del Palermo calcio, assieme al suo autista Giuseppe Mangano.

Piero Patti (28 febbraio 1985), imprenditore. Rimase ferita anche la figlia Gaia di nove anni.

Strage di Pizzolungo (2 aprile 1985): Barbara Rizzo in Asta, signora morta nell’attentato con autobomba contro il sostituto procuratore Carlo Palermo, salvatosi miracolosamente; morti anche Giuseppe e Salvatore Asta, i due figli gemelli di 6 anni della donna.

Giuseppe Spada (14 giugno 1985), imprenditore.

Giuseppe Montana (28 luglio 1985), funzionario della squadra mobile, dirigente della sezione contro i latitanti mafiosi.

Ninni Cassarà (6 agosto 1985), dirigente della squadra mobile di Palermo, e il suo collega Roberto Antiochia, agente di polizia.

Graziella Campagna (12 dicembre 1985), diciassettenne di Saponara (ME) che aveva riconosciuto due latitanti.

Claudio Domino (7 ottobre 1986), bambino di 11 anni che stava passeggiando davanti al negozio dei suoi genitori in via Fattori, nel quartiere di San Lorenzo a Palermo. Un giovane a bordo di una motocicletta lo chiamò per nome. Claudio si avvicinò, l’uomo premette il grilletto ed un proiettile lo raggiunse in fronte, tra gli occhi. Morì all’istante. Cosa Nostra attraverso le gabbie del bunker del carcere de L’Ucciardone, avendolo concordato prima, fece leggere a Giovanni Bontade, fratello di Stefano Bontade (anche lui poi ucciso) un comunicato che condannava tale omicidio e che non attribuiva origini mafiose (Per tale comunicato pentiti quali Francesco Marino Mannoia e Giovanni Brusca hanno riferito che Giovanni Bontade fu ucciso l’anno seguente, avendo indirettamente ammesso l’esistenza di Cosa Nostra con quel “Noi..”). Polizia e Carabinieri per mesi brancolarono nel buio. Dopo vari possibili motivi, una recente sentenza in primo grado ha attestato che il piccolo sarebbe stato ucciso perché scomodo testimone di una relazione tra sua madre e Salvatore Graffagnino, titolare di un esercizio commerciale accanto alla cartoleria dei Domino. La mamma di Claudio ha respinto tali accuse. Precedentemente a tale sentenza, fonti confidenziali riferirono alla Squadra mobile che uno dei responsabili era Salvatore Graffagnino, che fu sequestrato il 26 dicembre dell’86, torturato e poi assassinato. Durante gli interrogatori, il padre di Claudio ha sempre smentito quelle voci secondo le quali sarebbe stato avvicinato da esponenti di Cosa Nostra e invitato a non indagare perché: «Claudio era stato vendicato».

Giuseppe Insalaco (12 gennaio 1988), ex sindaco di Palermo.

Natale Mondo, (14 gennaio 1988), agente di polizia scampato all’attentato in cui persero la vita Ninni Cassarà e Roberto Antiochia, venne ucciso perché si era infiltrato nelle cosche mafiose.

Alberto Giacomelli (14 settembre 1988), ex magistrato in pensione.

Antonino Saetta (25 settembre 1988), giudice ucciso con il figlio Stefano Saetta.

Mauro Rostagno (26 settembre 1988), leader della comunità Saman per il recupero dei tossicodipendenti e giornalista, dai microfoni di una televisione locale faceva i nomi di capi mafia e di politici corrotti. Venne assassinato a Valderice (TP).

Giuseppe Montalbano (18 novembre 1988) medico, Camporeale, provincia di Palermo; ucciso perché il suo comportamento corretto dava “fastidio” ad un gregario di Giovanni Brusca che lavorava presso il comune di Camporeale

Pietro Polara (27 febbraio 1989), commerciante di macchine agricole. Venne assassinato a Gela (CL).

Antonino Agostino (5 agosto 1989), agente di polizia, e la moglie Ida Castelluccio, incinta di due mesi

Anni 1990[modifica | modifica wikitesto]

Vincenzo Miceli (23 gennaio 1990), geometra e imprenditore di Monreale, ucciso per non aver voluto pagare il pizzo.

Giovanni Trecroci (7 febbraio 1990), vicesindaco di Villa San Giovanni.

Emanuele Piazza (16 marzo 1990), agente di polizia strangolato e sciolto nell’acido.

Giuseppe Miano (18 marzo 1990), mafioso pentito.

Nicola Gioitta (21 marzo 1990), gioielliere.

Gaetano Genova (30 marzo 1990), vigile del fuoco sequestrato e ucciso perché ritenuto un confidente della polizia. Il suo corpo verrà ritrovato 8 anni dopo in seguito alle dichiarazioni del pentito Enzo Salvatore Brusca.

Giovanni Bonsignore, (9 maggio 1990), funzionario della Regione Siciliana.

Rosario Livatino (21 settembre 1990), giudice di Canicattì (AG).

Giovanni Salamone (12 gennaio 1991), geometra, imprenditore edile e consigliere comunale di Barcellona Pozzo di Gotto.

Nicolò Di Marco (21 febbraio 1991), geometra del comune di Misterbianco (CT).

Sergio Compagnini (5 marzo 1991), imprenditore.

Antonino Scopelliti (9 agosto 1991), giudice.

Libero Grassi (29 agosto 1991), imprenditore attivo nella lotta contro le tangenti alle cosche e il racket.

Serafino Ogliastro (12 ottobre 1991), ex agente della polizia di Stato. Ucciso a Palermo da Salvatore Grigoli con il metodo della lupara bianca perché i mafiosi di Brancacciosospettavano fosse a conoscenza degli autori dell’omicidio di un mafioso, Filippo Quartararo. Al processo, Grigoli si autoaccusava dell’omicidio indicando altri 7 complici.

Salvo Lima (12 marzo 1992), uomo politico democristiano, eurodeputato ed ex sindaco di Palermo strettamente legato alla mafia, sebbene non direttamente affiliato a nessuna famiglia, costituisce il trait-d-union tra Cosa Nostra e i livelli alti dello Stato, quali, tra gli altri, Giulio Andreotti.

Salvatore Colletta e Mariano Farina (31 marzo 1992), due ragazzi di 15 e 12 anni scomparsi che si ritiene siano stati vittime di “lupara bianca”[senza fonte].

Giuliano Guazzelli (4 aprile 1992), maresciallo dei carabinieri.

Paolo Borsellino (21 aprile 1992), imprenditore ed omonimo del giudice Paolo Borsellino.

Strage di Capaci (23 maggio 1992): Giovanni Falcone, magistrato; Francesca Morvillo, magistrato, moglie di Giovanni FalconeAntonio Montinaro, agente di polizia facente parte della scorta di Giovanni Falcone; Rocco Dicillo, agente di polizia facente parte della scorta di Giovanni Falcone; Vito Schifani, agente di polizia facente parte della scorta di Giovanni Falcone. Il mafioso pentito Giovanni Brusca si autoaccusò di aver guidato il commando malavitoso che sistemò l’esplosivo in un tunnel scavato sotto un tratto dell’autostrada A29 all’altezza di Capaci e fu lui a premere il pulsante del radiocomando che causò l’esplosione, proprio nel momento in cui passavano le auto di scorta del giudice Falcone.

Vincenzo Napolitano (23 maggio 1992), uomo politico democristiano, sindaco di Riesi.

Vincenzo Milazzo (7 luglio 1992), boss di Alcamo (Trapani) torturato e ucciso con un colpo di pistola; pochi giorni dopo anche la sua convivente Antonella Bonomo, 23 anni incinta dell’uomo venne strangolata. Gli esecutori materiali dei delitti furono Leoluca BagarellaGiovanni Brusca e Matteo Messina Denaro. I cadaveri vennero poi sepolti in aperta campagna e ritrovati grazie alle dichiarazioni di un pentito.

Strage di via d’Amelio (19 luglio 1992): Paolo Borsellino, magistrato; Emanuela Loi, agente di polizia facente parte della scorta di Paolo Borsellino (prima donna della Polizia di Stato a cadere in servizio[senza fonte]); Walter Cosina, agente di polizia facente parte della scorta di Paolo Borsellino; Vincenzo Li Muli, agente di polizia facente parte della scorta di Paolo Borsellino; Claudio Traina, agente di polizia facente parte della scorta di Paolo Borsellino; Agostino Catalano, agente di polizia facente parte della scorta di Paolo Borsellino. Dalle recenti indagini si è scoperto che i mandanti dell’attentato, messo in atto con un’autobomba parcheggiata sotto casa della madre del giudice Borsellino, vanno ricercati non solo all’interno di Cosa nostra ma anche negli ambienti della politica e dei servizi segreti deviati.

Rita Atria (27 luglio 1992), figlia di un mafioso, muore suicida dopo la morte di Paolo Borsellino, con il quale aveva iniziato a collaborare.

Giovanni Lizzio (27 luglio 1992), ispettore della squadra mobile.

Ignazio Salvo (17 settembre 1992), esattore, condannato per associazione mafiosa e ucciso su ordine di Totò Riina per non aver saputo modificare in Cassazione la sentenza del maxiprocesso che condannò Riina all’ergastolo.

Paolo Ficalora (28 settembre 1992), proprietario di un villaggio turistico.

Gaetano Giordano (10 dicembre 1992), commerciante.

Giuseppe Borsellino (17 dicembre 1992), imprenditore, padre dell’imprenditore Paolo Borsellino ucciso otto mesi prima, quest’ultimo omonimo del giudice Paolo Borsellino.

Beppe Alfano (8 gennaio 1993), giornalista.

Angelo Gullo (22 gennaio 1993), ragazzo di 26 anni ucciso da Calogero Ganci e Salvatore Cancemi perché responsabile di essersi introdotto nella villa in cui risiedeva Salvatore Riina al momento del suo arresto. Il suo corpo non è mai stato ritrovato[senza fonte].

Strage di via dei Georgofili a Firenze (27 maggio 1993): Caterina Nencioni, bambina di 50 giorni; Nadia Nencioni, bambina di 9 anni; Angela Fiume, custode dell’Accademia dei Georgofili, 36 anni; Fabrizio Nencioni, 39 anni; Dario Capolicchio, studente di architettura, 22 anni.

Strage di via Palestro a Milano (27 luglio 1993): Carlo La Catena, Sergio Pasotto, Stefano Picerno (vigili del fuoco); Alessandro Ferrari (agente di polizia municipale); Moussafir Driss (extracomunitario).

Pino Puglisi (15 settembre 1993), sacerdote, impegnato nel recupero dei giovani reclutati da Cosa Nostra nel quartiere Brancaccio a Palermo, controllato dalla famiglia Graviano. Viene beatificato il 25 maggio 2013.

Questo è solo un esiguo numero dei tanti uomini, bambini e donne che sono stati trucidati dal comando e dalla mano criminale di questo signore che tanti morti e tanti segreti porta con sé nella tomba di famiglia.

Angelo Vita

(Psicopedagogista – docente di Filosofia e Storia)