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IL DIS-AGIO… se fosse un pre-SAGGIO?

biowoodheaterpegaso

 

 

COOPERATIVA SANTANNA

Il DISAGIO… è come il motore immobile aristotelico che tutto muove senza muoversi… è come l’io fichtiano che pone il non io per andare oltre il percorso ultimato… sono le cadute (il non io) che segnano il cammino (danno forma a ciò che solo noi siamo) dell’io…se potessimo essere paragonabili alle onde, Spinoza direbbe che il DISAGIO è come il mare che ci muove e ci ingloba nell’intero che vogliamo ritornare ad essere… è  l’essere che decide il nostro esserci, le relazioni col mondo e con noi stessi… è ciò che ci spinge a lasciare qualcosa che ci dà fastidio per ricercare conforto altrove… è quel progetto che ci spinge nel flusso continuo della vita… perché il DISAGIO  scomoda, non ci lascia nel ‘per sempre’ e se proprio non riusciamo a ri-sollevarci ci provoca malinconia, noia, angoscia, solitudine, ci porta cioè ad avere fastidio persino di noi e degli altri, tanto che a volte possiamo preferire la morte alla vita… e sino a ché non decidiamo di cosa viverci tra la vita e la morte, non ci molla, tanto ci ama e si prende cura di noi.

 

DISAGIO deriva dal latino “dis-adiacens” che sta a significare “colui che non è adiacente, colui che non giace presso, colui che non sta vicino a”. Indica pertanto un “allontanamento” da qualcosa che è un intero, indica che ci sono delle forze che ci fanno allontanare dalla vita, dalla nostra salute e armonia. Quando ci allontaniamo dalla nostra salute, la vita ci avverte mediante sintomi e segni di sofferenza.  E se il DISAGIO fosse interessato a farci viaggiare e farci fare sempre nuove esperienze di vita? E se gli ostacoli che ci frappone sono delle sfide per vedere se siamo capaci di vincerle?

Il DISAGIO sembra a volte che voglia prendersi gioco di noi… la cosa che più gli dà fastidio è vederci inebetiti davanti ad un problema personale e/o sociale. È come se ogni tanto volesse rimproverarci e scuoterci da un sonno profondo che ci fa ‘sognare’ un’illusoria vita del ‘tutti vissero felici e contenti’… poveri coloro che pensano che la felicità sia l’assenza di problematiche profonde da ri-solvere… la felicità, ammesso che ci sia, è quella saggezza che ci porta a vivere ciò che siamo e come possiamo, senza delegare ad altri ciò che possiamo fare, a partire da noi… la felicità Spinoza la fa coincidere con la saggezza… ed è la saggezza che ci porta a fare i conti col DISAGIO per apprezzarne la ‘verità’ che ci mette davanti in periodi particolari della nostra vita in cui qualcosa si inceppa ed impedisce il flusso vitale che non ammette sosta. D’altronde come si fa a fermare la vita in vita… chi ci prova credo sia destinato alla resa se non al fallimento.

 

La vita nel suo imperituro fluire è fonte di così tanta energia che spesso se la si riconosce è bastevole da sola a sanare qualsiasi ferita che non sia mutilante… ci soccorre in tal senso Freud, quando scuote il sistema medico-sanitario introducendo la funzione psicoanalitica del malessere biorganico che corrode le fondamenta delle parti che non si lasciano diagnosticare e addomesticare da tecniche strumentali spogli dai vissuti intrapsichici profondi, che vanno indagati per essere liberati dalla pesantezza di convinzioni indotte da un esterno ostile espresso da delusioni, cogenti non metabolizzate.

Prima ho voluto accennare che non è possibile o meglio non dovrebbe essere possibile ‘fermare’ il fluire della vita… eppure se si parla di disagio esistenziale è questo che avviene nel silenzio imbarazzante delle istituzioni che lo permettono.

La psichiatria che ha partorito la psicanalisi anziché fare un passo avanti verso il ‘figlio’ e decidere di demedicalizzare chi vive disagi dovuti a percorsi di vita familiari, sociali e personali complessi, li sottopone a trattamenti farmacologici spesso cronici in quanto non prevede forme di riabilitazione che trattino il DISAGIO come un allontanamento da sé  che chiede solo di essere preso in carico da una ‘rete-psichè’ per ritornare a rendere intere le parti frantumate costitutive del nostro esserci qui ed ora… La psichiatria in tal senso la sento come la ‘cenerentola’ della medicina… è quella che aspetta il miracolo per potere entrare in scena… ed intanto fa il lavoro ‘sporco’, costringe chi ha difficoltà a sopportare il peso di relazioni familiari, sociali e di contesto… costringe a chi si sente schiacciato da regole ferree insopportabili, a stare a guinzaglio e vivere in cattività perché sottoposto alla tagliola delle benzodiazepine (sedativi) e degli psicofarmaci.

 

La psichiatria se volessimo costringerla in un’equazione sta alla cronicizzazione come il soffitto sta alla LAMPADA mentre la depsichiatrizzazione della psichiatria sta alla riabilitazione come la guarigione sta alla STELLA. Per chiarire il senso di questa equazione a prima vista complicata ma davvero semplice diciamo che la LAMPADA è una bella invenzione e ci permette di far luce laddove c’è buio… ma dipende pur sempre dal soffitto  o dalla parete e dall’energia elettrica… la sua è una luce-dipendente, se non fosse per il soffitto o per la parete e per l’elettricità smetterebbe di funzionare. Non vive di luce propria ma dipende. Un uomo ed una donna che DIPENDONO da altri per vivere, per condividere, per sopravvivere… che dipendono da una persona o da un tablet, da una moto o da un’auto, dalle droghe o dall’alcol, dagli psicofarmaci, dal padre o dalla madre, dall’amato o dai figli… hanno bisogno di liberarsi dai lacci e dai lacciuoli, se non vogliono continuare a dipendere.

LA STELLA non ha bisogno di niente per produrre luce… né di soffitto e né di parete o di elettricità. Vive di luce propria 24 ore su 24 come di giorno e così di notte. La sua luce si eterna in miliardi di anni e non si esaurisce come quella di una lampada o peggio di una candela dipendente dal fuoco ‘dato’ e dalla cera.

 

Un uomo ed una donna sono davvero liberi quando dipendono da loro stessi nella responsabilità di essere abitanti di un contesto sociale, economico e politico vario. La nostra capacità di adattamento e di trasformazione del contesto si nutre di relazioni attive in cui ognuno mette in gioco se stesso pur sapendo di dover ritornare in sé… per ripartire da sé. Se gli altri diventano preponderanti ed imprescindibili, da Stelle ci trasformiamo in lampade che vivono solo se nutriamo le nostre dipendenze… Chi è in DISAGIO è come una lampada attaccata al soffitto… perché diventi una Stella è necessario che il contesto che siamo, la rete che costruiamo, le persone di cui ci fidiamo dimostrino di esserci, di starci… dimostrino che le parole hanno un senso, un battito cardiaco, un anima… e si fanno anche padri x i figli, amici x gli amici, …le Stelle sono belle… perché riescono a tradurre il DISAGIO in occasione di crescita.

 

“Non dobbiamo aver paura del nostro negativo (DISAGIO) e di quello che gli altri dicono del nostro (DISAGIO), perchè meno per meno fa più. Accettare che il negativo (DISAGIO) è parte integrante della vita, forse la più rilevante, anche dal punto di vista quantitativo, non è nè una cosa di cui vergognarsi e nè di cui disperarsi, ma è un’opportunità per poter crescere” (M. Loiacono)… e predisporsi ad affrontare con successo eventuali nuove cadute al fine di sperimentare nuove modalità e strategie per stare con sé e col mondo che si abita… l’unica autoprescrizione è mettersi in cammino verso la saggezza ovvero quella modalità di stare con sé e col mondo che permette di non confondere una parte col tutto. Se viviamo cioè una condizione di DISAGIO non significa che tutto il nostro essere è in DISAGIO ma una parte da non confondere con tutte le altre parti che se valorizzate ci possono permettere di inglobare quella parte che ci ha fatto stare male, che ci ha messo in sofferenza, per rilanciarci verso un nuovo punto di vista più legato alla vita intesa come totalità e non al DISAGIO che è sempre quella parte che spesso confondiamo col tutto.

 

Il nostro fine pertanto è quello di vivere la nostra vita nella sua totalità ed in comunione col mondo che abitiamo. Se vogliamo ritrovare la padronanza di noi stessi, dobbiamo ricordarci che non siamo delle cose buttate a caso, in un universo a cui non diamo senso; non siamo dei piccoli “io” eternamente agitati dal timore e dalla brama, ma frammenti di luce cosmica, scintille dello splendore vitale, dal quale veniamo e al quale facciamo ritorno. E questo dipende solo dalla saggezza che sappiamo estrarre dal DISAGIO che ci coinvolge e che ci spinge verso… ciò che siamo o tendiamo ed aspiriamo ad essere insieme.

 

 

Angelo Vita

(Psicopedagogista – docente di Filosofia e Storia)