Luca ed Angelo… la ‘mano’ e la ‘mente’… il ‘cuore’ e la ‘passione’… l’abilità e la competenza… insieme, dentro una sala rettangolare di circa 60 mq (15×4?) con tanti libri di una ricca biblioteca che pazientemente aspettano di essere visitati, sono riusciti a mettere su una mostra davvero unica di strumenti aerofoni, cordofoni, membranofoni e idiofoni… (elettrofoni esclusi) che suonati ci hanno permesso di sintonizzarci coi nostri codici profondi e di collegarci con quel fondo comune che mette insieme i popoli di tutto il mondo dal nord al sud, dall’est all’ovest come al centro di ogni centro del nostro complesso e complicato pianeta dalle molteplici sfaccettature non sempre conosciute dai più.
Poco importa se gli strumenti siano di origine africana, asiatica, americana o europea… tutti ‘suonano’ la stessa lingua popolare, quella delle tradizioni tribali; quella legata ai riti, ai costumi che, nonostante il consumismo, ancora resistono per trasmetterci la linfa delle radici che poco hanno da spartire coi suoni/rumori spesso così lontani e distanti dai nostri cuori e dal nostro sentire millenario non completamente corrotto ed eroso dal mercato della musica di giornata.
La musica, che usciva fuori dai tocchi magistrali di Luca, acquisiva la profondità propria del battito cardiaco, della poesia, dello spirito… le sue note hanno accompagnato l’uomo dalla sua prima gestazione, dal suo essere stato inizialmente mammifero sino ai nostri giorni anche se – ultimamente – con una certa difficoltà.
La musica, ascoltata oggi alla mostra, non conosce ‘spazi’ e né ‘tempi’ perché, anche se vive gli spazi ed i tempi degli uomini che hanno conosciuto i tanti linguaggi e le tante lingue del mondo, il suo ‘sentire’ è ancestrale, antenato, atavico, primitivo, primordiale e per questo vero. Non fa differenza tra le contrade del mondo. È come se la sua ‘lingua’ non conoscesse confini. Anzi, non li conosce proprio, li bypassa. La musica sconfina perché riesce – naturalmente – a trasformare i confini in soglie, i colori delle emozioni in note per ricordare, in armonie per celebrare un rito o un evento che dà senso a ciò che l’uomo si vive vivendo.
La musica, nel suo e col suo linguaggio universale, ha la capacità di fare vibrare all’unisono gli strati più profondi della nostra parte ontologico/esistenziale, quella che maggiormente ci lega alla vita che ci partorisce nel suo eterno esserci perché la musica esprime il suo massimo potenziale e supera i suoi limiti – imposti dalle esigenze di mercato – quando mette in contatto tutti i codici/meccanismi che danno senso alla vita che siamo e abitiamo. Ma per far ciò è necessario mettersi in ascolto del nostro essere ‘natura’, dei nostri antenati che vanno liberati dalle tante sovrastrutture che ci rendono come degli ogm (organismi geneticamente modificati) quasi incapaci di ascoltare il nostro essere stati che pure è alla base del nostro essere ora ed ancora.
La musica delle discoteche, dei pub, dello strumento ipercomputerizzato e degli elettrofoni, non è quella che parla il linguaggio dei nostri codici profondi, perché ha dovuto adattarsi al mercato e piegarsi alla logica dei profitti che risponde ad un uso strumentale di quest’arte che sentiamo come indispensabile ma che è spesso costretta a violare la sua origine ‘bio/organica’.
Oggi, mentre Luca ed Angelo erano intendi a farci conoscere con suoni e parole gli strumenti provenienti da ogni parte del mondo, ci hanno permesso di guardare oltre, di ascoltare altro, di trasferirci altrove… in quel mondo in cui la vita è ancora scandita dai suoni tribali fatti di ritmo, di passione e di tanta voglia di vivere la vita nel rispetto assoluto delle a/ritmie che segnano l’esistenza di ciò che solo noi siamo ogni qualvolta lo percepiamo. Ed oggi alla scuola ‘G. Guarino’ i ragazzi del Liceo ‘M.L.King’ sento che l’abbiano percepito grazie anche e soprattutto a Luca e Angelo.
Angelo Vita
(Psicopedagogista – Docente di Filosofia e Storia)
