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La scuola… KANTiere di vita e conoscenza

biowoodheaterpegaso

 

La scuola è un’opportunità, sia per i singoli che per la collettività, di crescita civile e culturale utile a migliorare la qualità della vita dei suoi cittadini a condizione che sia, sempre e comunque, al servizio della vita e della conoscenza. Ogniqualvolta i programmi e gli obiettivi scolastici prendono il sopravvento, il rischio è che una buona parte se non gran parte degli alunni possono rimanere ai margini del processo formativo in quanto le discipline non arrivano ad incidere, a in-segnare le singole vite rimanendo in superficie ed aprendo – ahi loro – solchi di resistenza alle attività proposte che di fatto non li aiutano alla crescita umana e culturale decretando di fatto il fallimento della stessa funzione a cui la scuola è chiamata a rispondere.

COOPERATIVA SANTANNA

Perché la scuola sia luogo-spazio di crescita si rende necessario che gli insegnanti predispongano la pratica didattica in modo tale da scongiurare interventi disciplinari ‘superficiali’ e di conseguenza di marginalizzare i ragazzi che, portando da ‘casa’ saperi/sapori ‘caldi’ di giornata, si sentano mortificati perché quei saperi/sapori non risultano graditi e pertanto non vengono tradotti in nuovi stimoli per altre e più proficue conoscenze atte a cambiare, giorno dopo giorno, il loro punto di vista sulle sensazioni vissute e sulle opportunità cognitive agite in classe. Su questo credo tutti possiamo trovarci in linea di massima d’accordo. Ci viene incontro – in questo ragionamento – la riflessione kantiana sulla divisione che pone tra ‘cosa in sé (ding an sich) o noumeno e ‘cosa per me’ (das ding für mich) o fenomeno.

Il noumeno ed il fenomeno convivono ed interagiscono nella persona che siamo ed anche se le sensazioni che percepiamo dall’esterno modificano il nostro modo di stare nel mondo di fatto vengono formalizzate nel nostro modo d’essere che anche a non essere validate dalla ragione lo sono dalla fede. Queste due entità, regione e fede, rappresentano bene i limiti della ragione e gli ‘sconfinamenti’ (dalla ragione) della fede. L’uomo pertanto è contemporaneamente ciò che conosce e valida scientificamente e ciò che sottostà alla conoscenza postulata da meccanismi trascendentali che rendono l’uomo parte dell’In.Di.Co. (Infinito Dinamico e Complesso) proprio della vita che ci ha partoriti e dotati di quelle forme apriori che ci permettono di vivere il mondo cosi come siamo stati abituati a viverlo ed abitarlo.

Perché si è chiesto soccorso a Kant? Il motivo è semplice. Se guardiamo i nostri alunni come dei soggetti da sottoporre ad interventi disciplinari che non tengono conto della loro parte noumenica soffermandoci di fatto a quella fenomenica, lasciamo in classe quella buona parte di ragazzi che non ci seguiranno nei nostri percorsi disciplinari perché il loro impatto con le ‘sensazioni’, i fenomeni quotidianamente vissuti vengono lasciati fuori dalla porta. Se a me importa poco dello ‘stato quiete’ (di come sta il ragazzo) dei miei alunni perché devo ultimare il programma di storia, di filosofia o di altre discipline, io non ho tenuto conto dell’analisi kantiana, nemmeno spiegando Kant… in tal caso credo proprio che la frittata sia fatta. Il divario tra il ragazzo in carne ed ossa portatore di saperi/sapori ‘caldi’ fatti di sensazioni e di elaborazioni trascendentali, viene a frantumarsi e quindi ad allargare la schiera della dispersione scolastica o divenire cliente dei tanti Istituti privati che lavorano sugli ‘scarti’ di una scuola a volte autoreferenziale o, peggio, colpevolmente distratta.

Kant, in questo, ci soccorre e ci instrada verso un nuovo modo di insegnare a condizione che teniamo in debito conto che gli uomini non sono soltanto creature sensoriali. Se seguiamo la nostra ‘ragione pratica’, possiamo compiere scelte morali e perciò la nostra ragione è libera: infatti piegandoci di fronte alla nostra legge morale, siamo noi stessi a formulare quella legge a cui ci adeguiamo. Ora perché noi possiamo essere liberi dobbiamo agire secondo natura e l’insegnante non può prescindere dalla natura umana, ovvero, da quello che ogni ragazzo si sta vivendo per armonizzare ciò che lui profondamente si vive con ciò che è chiamato a conoscere per essere ancora più consapevole della sua stessa propensione al rispetto di sé e dell’altro da sé, in adesione alla vita che abitiamo.

L’educazione e l’istruzione hanno un ruolo determinante nella emersione di ciò che profondamente siamo. In assenza/mancanza di una scuola attenta alle dinamiche di crescita biopsichica e culturale dei ragazzi è quasi un’ovvietà osservare negli sguardi dei nostri alunni disorientamento e propensione a lasciarsi fascinare dai ‘desideri’… e secondo Kant – chi può dargli torto – non si è liberi e indipendenti se si seguono soltanto i propri desideri. Si può diventare ‘schiavi’ – lui dice – di una cosa o di un’altra o del proprio stesso egoismo. Solo l’indipendenza dalle dipendenze permette di staccarci dai propri desideri e dai propri vizi. Ecco come la scuola se avvicina a sé i ragazzi nella loro interità elegge l’etica kantiana a legge morale spingendo i ragazzi a divenire il meglio che sono. D’altronde la celeberrima frase di Kant  ‘Il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me’  a noi ci chiede di andare oltre ciò che si vede (il cielo stellato) anche se quello che ci arriva agli occhi è una ‘galassia’ di sguardi e sensazioni che riflettono quel ‘dentro di me’, quella ‘legge’ il cui etimo ci richiama alla ‘imposizione’ alla ‘obbligatorietà’, all’imperativo categorico, da cui non si può prescindere se si vogliono ammirare le stelle ed essere conseguenti con quei comportamenti etici, con quelle azioni morali che garantiscono la convivenza civile ed il progresso in ogni sua declinazione…

Liberare la bontà, che anche i vecchi filosofi greci elogiavano, in ciascun alunno, significa costruire una società a misura di tutti i suoi cittadini perché instradati verso percorsi di convivenza che trovano nel bene supremo aristotelico la propria realizzazione e nella povertà ‘culturale’ di certe classi dirigenti, che hanno direzionato – ahi noi – la storia, l’ostacolo primo da cui liberarsi attraverso azioni di emancipazione dall’ignoranza diffusa che nel ‘700 è sfociata nella rivoluzione francese che, di fatto, ha portato alla nascita degli Stati che ci rappresentano in tutto l’occidente… prendersi cura dei ragazzi che frequentano le nostre aule – ci direbbe Kant (e noi con lui) – è un imperativo categorico che la scuola ha il sacrosanto dovere di tutelare senza se e senza ma.

Angelo Vita

(Psicopedagogista – docente di Filosofia e Storia)